Pubblicato il: 03-12-2022
L'antica popolazione islandese credeva che le infiammazioni alle mammelle dei propri animali fossero provocate dal tilberi, un essere creato da una donna con una costola di cadavere sottratta da un cimitero la mattina di Pentecoste, nascosta in seno ed avvolta in lana di pecora appartenuta ad una vedova. Il tilberi, anche conosciuto con il nome di “snakkur”, veniva cresciuto e poi liberato nei pascoli in modo da succhiare il latte alle mucche, latte che veniva rigurgitato una volta tornato presso la dimora della donna, opportunamente trattato e quindi trasformato in burro. La presenza storica del tilberi è difatti riconducibile alla figura del famiglio, creatura generata attraverso una serie di cerimonie magiche e costantemente nutrito dalla strega al fine di ottenerne i favori. Contestualizzato nella tradizione popolare italiana, il furto del latte poteva avvenire anche ad opera di animali, quali gatte o cagne; proprio per questo motivo era d’uso evitare che l’animale mangiasse gli avanzi del pasto delle puerpere, pena la sterilità del seno. Non tutto era però perduto poiché, quale rimedio, queste potevano mangiare dallo stesso pasto dell’animale ripetendo la formula “ridammi il latte che ti sei rubato”, oppure potevano introdurre il proprio capezzolo nel foro laterale di un orcio di olio, ripetendo lo scongiuro “oitello oitello, fa tornate il latte a questo caporello”, o ancora battendosi il seno con delle fronde di ortica.